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ARCHIVIO STORICO DELLE ECONOMISTE E DEGLI ECONOMISTI

Guida archivistica alle carte e alle corrispondenze degli economisti italiani


ARCHIVIO STORICO DELLE ECONOMISTE E DEGLI ECONOMISTI




Opera Pure economics  

Macmillan (1898)

Opera Lo scandalo bancario di Torino. Fatti e documenti (con Giovanni Poli)  

Bona (1902)

Opera Scritti vari di economia  

Sandron (1904)

Opera Bolscevismo italiano  

Bari: Gius. Laterza & figli (1922)

Opera Temi, tesi e problemi e quesiti di economia politica teorica e applicata  

Bari: Gius. Laterza & figli (1923)

Opera Erotemi di economia. Vol. 1  

Bari: Gius. Laterza & figli (1925)

Opera Erotemi di economia. Vol. 2  

Bari: Gius. Laterza & figli (1925)


Articolo PANTALEONI, M. (1886). RASSEGNA FINANZIARIA. Giornale Degli Economisti, 1(1), 58-72.

Link: http://www.jstor.org/stable/23222268

Articolo PANTALEONI, M. (1886). RASSEGNA FINANZIARIA. Giornale Degli Economisti, 1(2), 212-222.

Link: http://www.jstor.org/stable/23221895

Articolo PANTALEONI, M. (1886). RASSEGNA FINANZIARIA. Giornale Degli Economisti, 1(5), 597-602.

Link: http://www.jstor.org/stable/23222170

Articolo PANTALEONI, M. (1886). RASSEGNA FINANZIARIA. Giornale Degli Economisti, 1(6), 707-717.

Link: http://www.jstor.org/stable/23220057

Articolo PANTALEONI, M. (1890). DELL'AMMONTARE PROBABILE DELLA RICCHEZZA PRIVATA IN ITALIA DAL 1872 AL 1889. Giornale Degli Economisti, 1 (Anno 1), 139-176.

Link: http://www.jstor.org/stable/23217546

Articolo PANTALEONI, M. (1891). DELLE REGIONI D'ITALIA IN ORDINE ALLA LORO RICCHEZZA ED AL LORO CARICO TRIBUTARIO. Giornale Degli Economisti, 2 (Anno 2), 48-88.

Link: http://www.jstor.org/stable/23219117

Articolo PANTALEONI, M. (1909). DI ALCUNI FENOMENI DI DINAMICA ECONOMICA. Giornale Degli Economisti, 39 (Anno 20)(3), 211-254.

Link: http://www.jstor.org/stable/23221920

Articolo PANTALEONI, M. & VILLAIN, G. (1925). LA CRISI DEL 1905-1907. Annali Di Economia, 1(2), 301-542.

Link: http://www.jstor.org/stable/23232602

Documento Lettera di Vilfredo Pareto a Vittore Pansini

Vilfredo Pareto, rispondendo ad una precedente missiva di Vittore Pansini (1), lo ringrazia per "il vivo piacere che mi ha procurato la sua lettera, la quale tratta di materie di cui raramente ho occasione di discorrere, specialmente con persone intendenti, come ella si dimostra". In questo primo atto del carteggio tra i due, Pareto subito sottolinea il carattere "sperimentale" del suo "Trattato di Sociologia generale" (2): "Vedo che ella, non solo praticamente, ma anche teoricamente, si occupa di diritto penale, e se mai vorrà darcene un trattato, farà un gran benefizio alla scienza; poiché ella tratterà la materia scientificamente e togliendoci dalla morta gora delle concezioni a priori e fuori dall'esperienza". Lettera raccomandata, della quale si conserva anche la busta indirizzata così: "Ill.mo Sig. Vittore Pansini. Pubblico Ministero. Macerata (Italie)". In alto: "Envoi de V. Pareto - Céligny". Verificato per censura, Milano-posta esteri 11-III-917. Timbro postale di Nyon del 10-III-917 e di Macerata del 14-III-917. (1) Pareto restò profondamente colpito dal tono della lettera del Pansini, informando subito i suoi amici in Italia, Maffeo Pantaleoni e Guido Sensini. (2) Vedi nota bibliografica.

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Documento Lettera di Vilfredo Pareto a Vittore Pansini

Vilfredo Pareto aggiorna Vittore Pansini del lavoro "per la correzione delle bozze della "Sociologia" francese (1), che sta stampandosi lentamente. Il volume I è finito e il volume II è in corso di stampa". Inoltre si parla della sua amicizia con Maffeo Pantaleoni - "Di Macerata è un amico mio carissimo, cioè il Prof. Maffeo Pantaleoni" - e con Benedetto Croce - "Con Benedetto Croce siamo stati in corrispondenza, [...] sono dolente che la metafisica ci separi; ma proprio, neppure per amore di amici, posso andare d'accordo con questa riverita signora, e rimango uno sperimentale". Lettera di cui si conserva anche la busta indirizzata così: "Ill.mo Signore Vittore Pansini Sostituto Procuratore del Re. Macerata (Italie)". Reca il timbro postale di Céligny del 7 aprile. Verificato per censura, Milano posta-estera. (1) Vedi nota bibliografica.

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Documento Lettera di Vilfredo Pareto a Vittore Pansini

Vilfredo Pareto sembra rispondere ad una richiesta di schiarimenti avanzata dal Pansini a proposito di alcune affermazioni fatte nelle precedenti lettere. Si parla di Costantino Lazzari, segretario del Partito Socialista Italiano, e delle critiche di Maffeo Pantaleoni a Guido Sensini accusato di essersi "esclusivamente" limitato ad esporre le teorie del suo maestro, Pareto, nella recensione della "Sociologia". Inoltre si citano anche Adolfo Brunicardi e Arnoldo Lucci. La lettera fu scritta dalla signora Régis poichè Pareto era momentaneamente infermo a letto. Lettera di cui si conserva anche la busta indirizzata così: "Ill.mo signore Vittore Pansini Sostituto Procuratore del Re. Macerata (Italie)". Verificato per censura. Timbro postale di Céligny del 20-X-917.

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Documento Lettera di Vilfredo Pareto a Vittore Pansini

Vilfredo Pareto critica un articolo di Maffeo Pantaleoni (1), esprime apprezzamenti per il professore Riccardo Bachi, ed avanza alcune considerazioni sugli eventi bellici a riprova della giustezza delle sue analisi esposte nella "Sociologia" (2). Lettera di cui si conserva anche la busta indirizzata così: "Ill.mo signore Vittore Pansini Sostituto Procuratore del Re. Macerata (Italie)". Verificato per censura, Milano posta-estera. Timbro postale di Céligny del 15-III-918. (1) (2) Vedi nota bibliografica.

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Documento Lettera di Vilfredo Pareto a Vittore Pansini

Vilfredo Pareto parla dei trattati di pace all'indomani della fine della Prima guerra mondiale: "Che ricca serie di derivazione che abbiamo ora. La guerra doveva terminare senza che vi fossero né vinti né vincitori. I vinti ci sono, e come! Né indennità né annessioni. Si preparano queste e quelle. Ormai la diplomazia doveva essere pubblica. A Londra si adunano in gran segreto i diplomatici dell'Intesa e decidono sempre in gran segreto, gli accordi che avranno vigore tra loro. Intendiamoci bene. Non biasimo menomamente [sic] tale operato; anzi lo credo utile, forse necessario. Noto solo la differenza tra il detto e il fatto". Inoltre annuncia di spedire due articoli, censura permettendo, e prende in giro il "sor Umberto Ricci, che ha pubblicato sulla "Vita Italiana" (1) (del Pantaleoni!) una recensione della "Sociologia", la quale recensione è un modello di vanitosa sciocchezza. La raccomando a chi vuol ridere". Lettera di cui si conserva anche la busta indirizzata così: "Ill.mo signore Vittore Pansini Sostituto Procuratore del Re. Macerata (Italie)". Verificato per censura. Timbro postale di Céligny del 6-XII-918 e di Macerata 7-XII-918. Si conserva anche una fascetta al solito indirizzo, verificato per censura. Timbro postale di Céligny del 19-IX-918 e di Macerata del 21-IX-918. (1) Vedi nota bibliografica.

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Documento Lettera di Vilfredo Pareto a Vittore Pansini

Vilfredo Pareto parla della lontananza delle sue idee da quelle di Colajanni, di Pantaleoni e di Zorli, e della politica del presidente degli Stati Uniti d'America Wilson che "opera molto diversamente da ciò che predica". Discute infine di Enrico Barone, assurto a notorietà mondiale con i suoi studi sull'economia pura (1), molto apprezzato da Pareto fin dall'inizio della sua attività di economista. Lettera di cui si conserva anche la busta indirizzata così: "Ill.mo signore Vittore Pansini Sostituto Procuratore del Re. Macerata (Italie)". Timbro postale di Céligny del 23-I-919. (1) Vedi nota bibliografica.

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Documento Corrispondenza: Giuseppe Bruguier Pacini a Luigi Einaudi (27-09-1945)

Nonostante i numerosi impegni al Comitato per la ricostruzione, al Consiglio direttivo del Partito liberale e gli impegni accademici, Bruguier Pacini accetta, in nome dell'affetto per Einaudi e la "venerazione" per Croce, di scrivere l'articolo che Einaudi gli ha chiesto ed invia subito lo schema che intende seguire: 1) la polemica Croce-Pareto (ed il riconoscimento della scienza economica come scienza pura); 2) la polemica tra Croce e Loria (Bruguier Pacini vorrebbe scrivere anche sul materialismo storico, ma putroppo è "poco informato" sull'argomento); 3) la posizione sui generis di Pantaleoni, "l'ingarbugliamento" derivante dai tentativi di costruire un'economia secondo schemi idealistici e reazione di Croce. [Sull'argomento si vedano anche le lettere del 29 agosto 1945, dell'8 ottobre 1945, del 4 dicembre 1945, del 30 dicembre 1945, tutte sintetizzate in questo fascicolo, NDR].

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Documento Corrispondenza: Giuseppe Bruguier Pacini a Luigi Einaudi (08-10-1945)

Bruguier Pacini invia a Einaudi una bozza del lavoro sullo sviluppo della scienza economica nel cinquantennio 1895-1945. Bruguier Pagini sottolinea che si tratta di una bozza: mentre i paragrafi relativi a Pareto e Pantaleoni sono definitivi, la parte su Loria è "scarsa" (e chiede in proposito a Einaudi l'anno di pubblicazione della bibliografia Loriana), ma gli darà lo spunto per parlare di Croce. Bruguier Pagini avverte Einaudi di non conoscere bene l'argomento e soprattutto di sapere pochissimo dello sviluppo del marxismo in Italia. Anche i paragrafi sugli scrittori monetari (Papi, Fanno, Bresciani Turroni, Supino) è "pasticciato" in quanto egli è un "po' confuso sulle teorie monetarie e sulle teorie dei cicli". [Sull'argomento si vedano anche le lettere del 27 e del 29 agosto 1945, del 4 e del 30 dicembre 1945, tutte sintetizzate in ASE in questo fascicolo, NDR].

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Documento Corrispondenza: Luigi Einaudi a Giovanni Demaria (09-01-1951)

Einaudi chiede spiegazioni in merito ad una frase presente alla pag. 527 del saggio di Demaria su Pareto. La frase è "l'equilibrio è sempre un complesso di relazioni necessariamente individuali" e ancora "solo gli economisti che comprendono l'insegnamento di questa conquista sapranno tirarne il frutto". Einaudi si dichiara un ammiratore di Wicksteed: ogni parola deve essere spiegata in modo che tutti coloro che hanno una cultura media siano in grado di capire. I principi di Pantaleoni sono informati a questo criterio. Se Keynes si fosse attenuto a questo metodo, forse ci sarebbe nel mondo economico meno confusione [Sull'argomento si vedano anche le lettere del 15.01.1951, del 29.01.1951 e del 4.02.151, tutte conservate nello stesso fascicolo dell'Archivio Storico della Banca d'Italia e tute sintetizzate in ASE in questo fascicolo, NDR].

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Documento Corrispondenza: Benvenuto Griziotti a Luigi Einaudi (10-03-1951)

Griziotti ringrazia Einaudi per l'invio del saggio "Galiani economista". Griziotti ringrazia Einaudi anche di aver accennato in "Scienza economica" al suo lavoro sul sovrapprezzo, anche se egli ritiene che si sarebbe potuto citare anche il suo scritto sugli effetti economici della conversione della rendita. In ogni modo, Griziotti ricorda che lo studio sul sovrapprezzo gli fu suggerito da Pantaleoni e che da esso stimolò idee di nuove investigazioni da seguire in due diverse direzioni: 1) riempire la lacuna della dottrina sulle rendite "unearned" ossia sui sovraredditi e sugli incrementi di valore; 2) sulla necessità di studiare unitariamente diritto e finanziario e scienza delle finanze. I risultati felici di questo lavoro hanno portato la laurea ad honorem a Griziotti, il quale si rammarica tuttavia delle critiche mossegli da Einaudi.

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Documento Lettera

Nitti informa Stringher che la sua conferenza sul brigantaggio potrebbe diventare una parte di un saggio sull'Italia meridionale e sui Borboni. Nitti osserva che su questi argomenti circolanon idee molto lontane dalla realtà. la prolusione del corso di scienza delle finanze verrà forse pubblicata ad ottobre, in un volume dove saranno comparate le situazioni delle singole provincie nei confronti dello Stato. Nitti ritiene che i calcoli sulla pressione fiscale eseguiti da Pantaleoni siano delle "vere volate liriche". Oltre ai dati sui contributi, prosegue Nitti, egli ha raccolto altri elementi di valutazione: distribuzione sul territorio dell'esercito e dei corpi dello Stato, degli istituti di giustizia e di quelli di istruzione e anche i dati relativi alla spesa per opere pubbliche sostenuta dalla Stato nelle singole regioni. Nel Post Scriptum Nitti confida a Stringher di essere in procinto di diventare padre e che tutto il resto in confronto a ciò gli sembra di valore modesto [La risposta di Stringher del 21 luglio 1899 è sintetizzata in ASE in questo stesso fascicolo, NDR]

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Documento Lettera

Pantaleoni annuncia a Stringher che gli invierà un suo lavoro costatogli una enorme fatica, dato l'isolamento che Pantaleoni ha subìto a Macerata. Egli chiede a Stringher se questi abbia notizie della pubblicazione di un libro o anche solo di un articolo che tratti di un corso di statistica tenuto a Londra dal prof. Foxwell (che ha curato l'edizione postuma di "Investigations in currency and finance" di Jevons). Pantaleoni, che aveva letto il programma del corso tempo addietro, specifica che il corso trattava delle teorie delle medie in statistica, argomento che anche Stringher poteva trovare di suo interesse.

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Documento Lettera: Roma 20 feb. 929

De Viti invia a Einaudi tre copie del suo Due Commemorazioni: Angelo Messedaglia, Maffeo Pantaleoni chiedendogli di regalare "le due superflue a chi crede".

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Documento Lettera dattiloscritta senza data

Circolare dattiloscritta che annuncia la fondazione della "Società per il progresso delle scienze" con la richiesta di partecipare alla costituzione di una sezione "per la statistica e le scienze economiche", a firma di Antonio de Viti de Marco, Tullio Martello, Giovanni Montemartini e Maffeo Pantaleoni.

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Documento Lettera: 8 marzo 1939

De Viti scrive a Einaudi a proposito di una sua nota nella seconda edizione del 1939 dei suoi Principi di economia finanziaria in cui viene citato Pantaleoni. Gli fornisce inoltre altre modifiche da apportare al testo.

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Documento A proposito dell'articolo "Ideologia e sacro egoismo"

Lettera d'accompagnamento all'invio delle bozze corrette e della prefazione al volume che avrebbe raccolto una selezione di articoli ristampati di Maffeo Pantaleoni. Questi chiede all'editore Giovanni Laterza d'inserire nel primo volume, "Note in margine della guerra" l'articolo già pubblicato il 15 giugno 1917 su "La vita italiana. Rassegna mensile di politica interna, estera, coloniale e di emigrazione", diretto da Giovanni Preziosi, dal titolo "Ideologia e sacro egoismo". Informa, inoltre, l'editore come l'avvertenza generale dell'articolo sia "una critica a fondo delle idee che tanti di noi nutrono nei riguardi della rivoluzione russa. Essendo alquanto sarcastico, provoca repliche. Ed è ciò che ci vuole". Acclude il detto articolo alle bozze corrette.

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Documento Sulla riedizione degli articoli di Maffeo Pantaleoni a cura della Laterza

Si tratta della lettera d'accompagnamento all'invio di dieci articoli destinati ad essere ristampati in tre volumi editi dalla Laterza (1). Pantaleoni propone all'editore Giovanni Laterza di aggiungervi l'articolo su "I prezzi politici" [Considerazioni sulle proprietà di un sistema di prezzi politici] che fu già pubblicato sul "Giornale degli Economisti" nel 1911, in occasione della riunione dell'Associazione per il progresso delle Scienze. (1)I tre volumi sono: Note in margine della guerra; Tra le incognite: problemi suggeriti dalla guerra; Politica. Criteri ed eventi, vedi note bibliografiche

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Documento Redazione delle riviste di Giovanni Preziosi

Maffeo Pantaleoni informa l'editore Laterza di aver dovuto curare il fascicolo della rivista "Vita italiana" e "Il fascio romano" a causa della malattia di Giovanni Preziosi.

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Documento Dedica del secondo volume d'articoli

Maffeo Pantaleoni esprime all'editore Giovanni Laterza la volontà forte di dedicare il suo secondo volume, "Politica:criteri ed eventi, 1918", a Vilfredo Pareto, "di cui la genialità e la cultura avvincono".

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Documento Riflessioni sulla censura

Maffeo Pantaleoni si augura che la censura di Bari "lasci tutto passare". Suppone, infatti, che l'editore Giovanni Laterza sia in buoni rapporti con la censura e che questa si limiti a leggere superficialmente i lavori editi dalla Laterza prima di apporvi il proprio bollo. Informa, inoltre, l'editore Laterza di non voler consegnare copia del suo lavoro "Tra le incognite: problemi suggeriti dalla guerra" ai giornali che non hanno recensito il suo primo volume "Note in margine alla guerra. Vorrebbe fosse consegnata copia a diversi giornali tra cui "Tempo" e "Idea nazionale" a Roma, "Il Corriere della sera", "La Perseveranza" a Milano, "Gazzetta piemontese" a Torino, "Il lavoro" e "Il secolo XIX" a Genova.

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Documento Riflessioni contro la censura di Roma e di Bari

Maffeo Pantaleoni informa l'editore Giovanni Laterza che il suo "trattatello di Economia" è stato tradotto a Buenos Aires e si augura che si vendano copie del terzo volume che raccoglie suoi articoli ["Politica: criteri ed eventi"]. In particolare spera che la Censura di Bari non sopprima le parti degli articoli in passato soppressi dalla Censura di Roma. Avvisa Laterza che nel caso in cui la censura barese avesse posto problemi alla pubblicazione, egli avrebbe fatto intervenire direttamente l'onorevole Sonnino. Conclude precisando come "nessun libro produce l'effetto esplosivo ed immediato di un articolo di rivista e di giornale".

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Documento Riflessioni sulla censura di Roma e di Bari

Maffeo Pantaleoni non nasconde all'editore Giovanni Laterza la sua soddisfazione per il fatto che la Censura di Bari abbia apposto il bollo al volume che raccoglie i suoi articoli ["Tra le incognite: problemi suggeriti dalla guerra"]: "la censura di Roma e il Ministero dell'Interno saranno furibondi quando vedranno che il volume censurato a Roma è passato a Bari". Il riferimento è in particolare all'articolo intitolato "Fronte interno" ed un secondo articolo su Caporetto, soppresso per intero a Roma.

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Documento Proposta di pubblicazione

Pantaleoni propone all'editore Giovanni Laterza la pubblicazione di un libro di Enrico Barone intitolato "La storia militare della nostra guerra fino a Caporetto", di cui egli stesso avrebbe scritto la prefazione.

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Documento Corrispondenza: Maffeo Pantaleoni a Giovanni Laterza (25-06-1919)

Maffeo Pantaleoni ha pronta una nuova raccolta di articoli di circa 260 pagine già pubblicati sulla rivista "Vita Italiana", ad eccezione di "Teoria dei prezzi politici", pubblicato nel 1911 sul "Giornale degli Economisti". Attende risposta da Giovanni Laterza sull'opportunità di pubblicare un quarto volume di suoi articoli "La fine provvisoria di un'epopea", per inviargli il materiale che ha già pronto.

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Documento Invio materiale cartaceo

Lettera di accompagnamento al materiale cartaceo inviato da Pantaleoni a Laterza per la pubblicazione del quarto volume di articoli, "La fine provvisoria di un'epopea".

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Documento Corrispondenza: Maffeo Pantaleoni a Giovanni Laterza (14-07-1919)

Pantaleoni scrive a Giovanni Laterza che il nuovo volume di articoli si chiamerà "La fine provvisoria di un'epopea" e avrà come articolo conclusivo "La fogna che ribolle", in procinto d'essere pubblicato sulla rivista "Vita Italiana".

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Documento Viaggi di Pantaleoni

Maffeo Pantaleoni comunica a Laterza che il 27 agosto si sarebbe recato a Parigi e che di lì avrebbe poi raggiunto l'amico Vilfredo Pareto. Nella stessa lettera egli consiglia Giovanni Laterza di rivolgersi ad Enrico Barone per avere un'Appendice al volume prossimo alla pubblicazione, "La fine provvisoria di un'epopea". L'Appendice - precisa Pantaleoni - potrebbe essere incentrata sulla Relazione della Commissione d'Inchiesta. Secondo Pantaleoni Barone sarebbe diventato presto ministro della guerra: "Bisognerebbe venire ad accordi con lui prima di questo evento, perché dopo forse non potrebbe scrivere per ragioni politiche e ad ogni modo non avrebbe il tempo di farlo". In conclusione della lettera Pantaleoni annuncia la sua intenzione di pubblicare un trattato di economia in due volumi.

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Documento Sulla pubblicazione del trattato in due volumi di economia

Pantaleoni si accorda con Giovanni Laterza circa modalità e tempi di consegna del trattato di economia politica in due volumi da lui scritto.

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Documento Corrispondenza: Maffeo Pantaleoni a Giovanni Laterza (25-08-1919)

Laterza informa Giovanni Laterza che ha accettato di curare la pubblicazione del "Trattato di Economia" in due volumi che Maffeo Pantaleoni sostiene di aver già abbozzato da titolo "Temi, tesi, problemi e quesiti di economia politica, teorica e applicata". Si tratterà, come precisa meglio nella presente lettera Pantaleoni, di un manuale destinato agli studenti. In conclusione della lettera Pantaleoni informa Laterza che Vilfredo Pareto è a Ginevra, in Svizzera.

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Documento Osservazioni sul libro di Enrico Barone

Secondo Maffeo Pantaleoni il volume intitolato "La storia militare della nostra guerra fino a Caporetto" di Enrico Barone, andrebbe "a ruba" in Germania come in Italia. a Pantaleoni, inoltre, esprime a Giovanni Laterza le sue previsioni sulle future nomine ministeriali: "Le elezioni andranno male, come spero, per quella canagliola di Nitti. Barone non diventerà più ministro e dovrebbe fare allora egli il secondo volume 'Da Caporetto a Vittorio Veneto'".

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Documento Prefazione di due opere a cura di Maffeo Pantaleoni

Maffeo Pantaleoni informa Giovanni Laterza che scriverà la prefazione per due opere del signor Massimo Rocca, noto sotto lo pseudonimo di Libero Tancredi. Le opere in questione vengono citate nella lettera coi seguenti titoli "Tra gli irredenti di domani"; "Politica italiana durante la guerra". Non è stato possibile individuare tra le pubblicazioni di Massimo Rocco, alias Libero Tancredi, opere con i titoli riferiti da Pantaleoni.

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Documento Richiesta di riedizione dei Saggi di Economia politica

Pantaleoni scrive da Fiume (Reggenza italiana del Carnaro) per comunicare a Laterza che non è più possibile trovare "nemmeno sulla banchetta degli antiquari" i due volumi di "Saggi di Economia politica" pubblicati nel 1904.

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Documento Lezioni manoscritte di Francesco Ferrara

Pantaleoni ha "cercato, ostinatamente cercato" le lezioni pronunciate a Torino da Francesco Ferrara ed alla fine ha trovato una copia litografata che risalirebbe all'anno accademico 1856-1857. In suo possesso sono, inoltre, una copia delle lezioni manoscritte pronunciate a Venezia, "quando era vecchissimo". Si tratta di un manoscritto di Angelo Bertolini, all'epoca studente di Francesco Ferrara. A questo punto Pantaleoni domanda all'editore Giovanni Laterza se è interessato a pubblicare le lezioni di Torino, tenendo conto che Francesco Ferrara è, secondo Pantaleoni, "il solo grande economista che l'Italia abbia prodotto fino a Pareto!". Pantaleoni propone di curare la prefazione e qualche breve commento a pie' di pagina delle dette lezioni.

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Documento Raccolta di temi, problemi ed esercitazioni di Economia

Pantaleoni si lascia andare a considerazioni di natura politica con l'editore Laterza: "Non avete il temperamento del fascista! Siete un borghese pecora! (...) Gli economisti sono sempre stati fascisti, anche prima che i fascisti ci fossero!". Si evince come tali considerazioni siano una risposta ad affermazioni di natura politica espresse dall'editore Laterza in merito al fascismo in lettera precedentemente indirizzata al Pantaleoni. Questi avvisa poi l'editore di aver consegnato ad Angelo Bertolini altro materiale sulle lezioni di Francesco Ferrara. Nel suo soggiorno a Macerata dichiara di essere impegnato invece alla stesura di un volume intitolato "Raccolta di temi, problemi ed esercitazioni di Economia" (vedi nota bibliografica) un lavoro che egli stesso definisce "novità assoluta per l'Italia, migliore dei corrispettivi inglesi. Né i tedeschi, né i francesi hanno nulla di simile. Come libro scolastico andrà a ruba!".

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Documento Sulla "Raccolta di temi, problemi ed esercitazioni di Economia"

Pantaleoni informa Giovanni Laterza che il libro di temi e quesiti di Economia Politica "è una bella iniziativa, ma costosa": questo è l'unico limite che Pantaleoni riconosce al lavoro in cui è impegnato.

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Documento Nuova raccolta di articoli

Pantaleoni presenta a Laterza un suo nuovo volume intitolato "Danni dell'utopia socialista", comprensivo dei seguenti articoli: 1. Una causa della crisi italiana; 2. Socialismo e commercio estero; 3. Il controllo operaio delle industrie; 4. Memoria: 5. Manicomio monetario; 6. Economia politica dell'onorevole Maggiorino Ferraris.

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Documento Sulla pubblicazione "Bolscevismo italiano"

Pantaleoni prende accordi con Laterza su tempi e modalità di pubblicazione e di distribuzione del nuovo volume "Bolscevismo italico" [poi pubblicato con il titolo "Bolscevismo italiano"].

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Documento Sull'opera "Bolscevismo italico"

Pantaleoni informa Giovanni Laterza di avere pronto del materiale per il volume "Bolscevismo Italico" [poi pubblicato con il titolo "Bolscevismo italiano"], un libro che secondo lui risulterebbe "interessante in Italia e all'estero, dove non potrà essere ignorato, perché i medesimi malanni si sono prodotti nelle cooperative francesi".

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Documento Necessità di pubblicazione immediata di "Bolscevismo italiano"

Pantaleoni continua a discutere con Giovanni Laterza dell'opportunità di pubblicare quanto prima il suo manoscritto sul "Bolscevismo italico".

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Documento Sul libro "Bolscevismo italico"

Maffeo Pantaleoni invia a Giovanni Laterza il manoscritto della "Prefazione" e del primo articolo corretti di "Bolscevismo italico" ["Bolscevismo italiano"], nella speranza "che tutto sia stato recapitato dalla posta". Informa Laterza di non avere più copie del libro di Preziosi [Giovanni]. Quanto alla pubblicazione della sua raccolta di articoli sul bolscevismo in Italia consiglia l'editore Laterza di approfittare del momento di polemica attiva contro le cooperative per lanciare il libro: "provvedete Genova di volume e, in genere, i grandi porti di mare: Venezia, Trieste, Napoli, Palermo. Prendete anche centri di lotta come Bologna, Parma, Modena, Cremona, Firenze, Reggio Emilia, Ferrara, cioè i centri dove le cooperative sono attaccate". Inoltre scrive a Laterza un elenco di "riviste autorevoli" alle quali una copia andrebbe mandata per recensione. Conclude la lettera accennando ad una discussione in corso nel Parlamento sulle cooperative: "Alla Camera la discussione sarà forse ancora differita da cirsi; dico forse perchè non so prendere i numeri per il lotto".

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Documento Apologia del libro "Bolscevismo italico"

Pantaleoni risponde ad alcune osservazioni mossegli da Giovanni Laterza sul volume da lui preparato "Bolscevismo italico" ["Bolscevismo italiano"] esordendo in questi termini: "Ho la sensazione che il mio primo lettore, che, naturalmente, è sempre l'Editore, non consenta in tutto o in molto questa volta con il suo autore. Le altre volte sì, eravamo spiritualmente uniti. Questa volta parzialmente sì, parzialmente no". Pantaleoni cerca di vincere le perplessità avanzategli da Laterza con queste parole: "Ma dia un po' di tempo al tempo. Restiamo pure provvisoriamente ognuno del proprio parere. Le dò un anno, un anno solo di tempo perché lei possa vedere se avevo ragione o torto nell'attaccare le correnti socialiste e nel campo delle loro teorie economiche e nel campo delle loro manifestazioni minute di cronaca politica e nel campo delle loro sperimentazioni sociali. Non ho ancora avuto tempo di esporne le errate basi filosofiche e la povertà di pensiero, il che, però, farò tra poco in un corso che farò ai nazionalisti qui a Roma. Ma, siccome tutta quest'altra roba è già molto tempo maturata nella mia mente, così mi dà una sicurezza di essere nel vero che, con ragione, non può fin da ora condividere chi non la conosce ancora e non ha visto che una parte del fabbricato. Ad ogni modo lei già deve vedere che non mi sono sbagliato nelle previsioni del successo librario del libro di Preziosi [Giovanni] che va bene, altrimenti di quello di Graziani [Augusto] o di qualche altro! Il mio andrà più piano! Ma andrà pure tutto, cioè non gliene resterà una copia". Il libro di Augusto Graziani cui Pantaleoni fa riferimento è "Ricardo e J.S. Mill. Saggi", mentre quello di Giovanni Preziosi, di cui Pantaleoni ha curato l'Introduzione, è "Cooperativismo rosso, piovra dello Stato", vedi note bibliografiche.

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Documento Sul manuale di "Temi, problemi ed esercizi di Economia politica"

Pantaleoni informa Giovanni Laterza che il volume "Temi, problemi ed esercizi di Economia politica ad uso di professori, insegnanti e studiosi", scritto con la collaborazione di Romolo Broglio D'Ajano, è pronto. Pantaleoni sente il bisogno di spendere qualche parola sul suo lavoro: "Questo genere di libri, genere pratico (...) non ha valore per il profondo scienziato, ma per il povero diavolo che deve insegnare e non ha grandi biblioteche e del povero diavolo che deve e vuole studiare (...). Volevo fare il libro nel 1895, quando insegnavo a Napoli (...)". Se Pantaleoni non scrisse all'epoca il libro fu per una serie di vicende spiacevoli, che Pantaleoni stesso definisce nella lettera in maniera generica "disgrazie". Solo "ora che sono vecchio - aggiunge - l'ho potuto compilare".

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Documento Sul volume "Bolscevismo italico"

Pantaleoni informa Giovanni Laterza che intende porre a prefazione del volume "Bolscevismo Italico" ["Bolscevismo italiano"] un suo articolo non precisato nella lettera.

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Documento Impegno oneroso

Pantaleoni scrive a Giovanni Laterza e ammette le difficoltà incontrate nella correzione ed ultimazione del lavoro a quattro mani con il professor Romolo Broglio. Il lavoro in questione riguarda il volume "Temi, tesi, problemi e quesiti di economia politica, teorica e applicata".

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Documento Pubblicità alla pubblicazione

Pantaleoni si accorda con Giovanni Laterza circa la pubblicità da riservare alla vendita del volume "Tesi, problemi e quesiti di economia politica teorica e applicata".

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Documento Accordi con Laterza

Romolo Broglio D'Ajano, che ha collaborato con Pantaleoni alla stesura del volume "Tesi, problemi e quesiti di economia politica teorica e applicata", si accorda con Giovanni Laterza su compensi, tempi e modalità di pubblicazione.

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Documento Modifiche di saggi

Pantaleoni discute con Giovanni Laterza delle necessarie modifiche che deve apportare ai saggi scritti molti anni prima e dunque soggetti alle naturali conferme o negazioni che nel frattempo la prosecuzione dei suoi studi gli hanno permesso d'avere ["Erotemi di economia"].

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Documento Correzioni varie

Pantaleoni informa Giovanni Laterza di aver apportato alcune correzioni a dei saggi scritti molti anni prima. Il materiale, destinato a confluire nel volume "Erotemi di economia" è pronto per essere inviato alla Casa editrice Laterza.

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Documento Morte di Broglio

Pantaleoni informa Giovanni Laterza sulle bozze corrette ed ancora da correggere lasciate da Broglio D'Ajano in seguito alla sua morte. Porterà egli stesso a compimento il lavoro di correzione affidato a Broglio.

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Documento Bozze da correggere

Pantaleoni informa Giovanni Laterza sullo stato di correzione delle bozze destinate alla pubblicazione di "Erotemi di economia". Il lavoro di correzione ha subito, infatti, un rallentamento dovuto alla morte di Broglio D'Ajano, collaboratore del Pantaleoni.

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Documento Indice per autori e materie ed invio saggi corretti

Pantaleoni è impegnato ad elaborare l'indice per autori e materie del volume "Erotemi di economia". Spedisce a Giovanni Laterza, inoltre, sei saggi destinati a confluire nel secondo volume della stessa opera.

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Documento Bozze non corrette di Broglio D'Ajano

Pantaleoni discute con Giovanni Laterza di alcune bozze manoscritte di Broglio D'Ajano che andrebbero corrette.

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Documento Affidamento delle bozze di Broglio D'Ajano

Pantaleoni informa Giovanni Laterza che le bozze non più corrette da Broglio D'Ajano, in conseguenza del suo decesso, sono state affidate all'avvocato Niccolò Bonelli Piccone di Nicosia, in provincia di Catania.

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Documento Elenco riviste per spedizione copie omaggio di "Erotemi di economia"

Pantaleoni invia a Giovanni Laterza l'elenco delle redazioni giornalistiche a cui gradisce siano inviate le copie gratuite del suo volume "Erotemi di economia" perché venga recensito. All'estero cita come riviste: "The Economic Journal" ed "Economics" in Inghilterra; "Indian Journal of Economics - University of Allahabad" in India; "Journal des Economistes" e "Revue d'Economie Politique" in Francia; "Archiv fur Sozial-wissenschaft" in Germania. Quanto all'Italia vorrebbe fosse inviata alla "Riforma Sociale" di Luigi Einaudi.

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Documento Elenco di nominativi a cui spedire il volume di "Erotemi di economia politica"

Pantaleoni invia a Giovanni Laterza i nominativi da aggiungere all'elenco delle persone a cui inviare il suo volume "Erotemi di economia", tra cui quello del professore Ugo Broggi dell'Università de La Plata in Argentina. Ugo Broggi è "un antico laureato della Scuola degli Ingegneri di Roma". A Pantaleoni sembra che questo sia un momento favorevole per diffondere in Argentina la cultura italiana, per cui consiglia di mandarne copia anche al professore Luis Roque Gondra dell'Università di Buenos Aires.

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Documento Richiesta di "Temi, tesi, problemi e quesiti di economia politica teorica e applicata"

Pantaleoni informa Giovanni Laterza di aver ricevuto la richiesta di una copia del libro "Temi, tesi, problemi e quesiti di economia politica teorica e applicata" da parte del dottor Otto Weinberger da Vienna.

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Documento Correzione bozze

Pantaleoni informa Giovanni Laterza sullo stato di correzione delle bozze del volume "Erotemi di economia".

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Documento Recensione del volume scritto a quattro mani con Broglio D'Ajano

Pantaleoni informa Giovanni Laterza che la "Revue d'Economie politique" francese ha finalmente recensito "Temi, tesi, problemi e quesiti di economia politica teorica e applicata". La recensione è favorevole, ma Pantaleoni commenta con sprezzo la lentezza con cui la rivista francese abbia riservato la sua attenzione alla pubblicazione: "I libri mettono del tempo a penetrare nel pubblico!".

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Documento Volumi in onore di Maffeo Pantaleoni

Ricci informa Laterza di essere stato in casa Pantaleoni, dove si è incontrato con Giovanni Preziosi e con Walter Bellacasa, coi quali intende collaborare per la pubblicazione di nuovi volumi in memoria del suo "compianto maestro", ossia di Maffeo Pantaleoni.

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Documento In memoria di Maffeo Pantaleoni

Ricci informa Giovanni Laterza che ha appreso dalla figlia del senatore Pantaleoni, la contessa Marcella Tommasini, che il professore aveva lasciato l'elenco degli scritti da inserire nei due volumi degli "Erotemi di Economia": "(...) sicché la composizione di ogni volume è predeterminata e non vi è nulla da fare in proposito. Rimane soltanto da correggere le bozze". Ma Ricci comunica a Laterza di essere stato esonerato anche da quest'ultima operazione, dal momento che la contessa l'avrebbe già affidata all'avvocato di Napoli Walter Bellacasa. Per questo motivo Umberto Ricci rende le bozze da correggere alla contessa Tommasini, perché le dia all'avvocato Bellacasa.

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Documento Volume in memoria di Maffeo Pantaleoni

Umberto Ricci informa Giovanni Laterza che è attualmente impegnato nella correzione della bozza di un volume in cui sono raccolte alcune lezioni di Maffeo Pantaleoni. Sta anche preparando l'indice analitico dello stesso volume.

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Documento Sul volume di lezioni di Maffeo Pantaleoni

Umberto Ricci, titolare, dopo la morte di Pantaleoni, della cattedra di Economia politica della Facoltà di Giurisprudenza a Roma, raccoglie in un volume alcune letture date nei recenti anni dal "Professore". Parte della lettera a Giovanni Laterza è in lingua inglese. Si tratta del testo di una lettera che Ricci intende inviare a qualche editore inglese interessato alla pubblicazione delle lezioni di Pantaleoni. Lo riportiamo per intero: "Formerly professor of political economy in the Universities of Pisa and Bologna since the death of senator Pantaleoni, his successor in the chair of political economy of the Faculty of law in Roma, collects in this book some lectures given in recent years in the over mentioned universities. He is a supporter of economic freedom and examines in this book the events of the economic life of our times. He succeeds in criticizing very brilliantly protectionism, public and private violence, gild socialism, other form of syndicalism, and last, but no least, bolshevism".

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Documento Raccolta di scritti di Maffeo Pantaleoni

La Società Editrice del Mezzogiorno scrive all'editore Laterza per invitarlo a non sospendere il suo impegno in favore della pubblicazione di scritti scelti di Maffeo Pantaleoni. Per convincerlo la Società ricorda all'editore barese quanto il professor Pantaleoni fece per lui nei momenti di difficoltà.

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Documento Commemorazione del senatore Francesco Ferrara letta alla Regia Scuola di Commercio dal professor Tommaso Fornari il 10 novembre 1900

Nella premessa al discorso commemorativo in onore del primo direttore della Regia Scuola Superiore di Commercio di Venezia, Francesco Ferrara, il professor Tommaso Fornari si definisce "umile cultore della scienza economica" ed affezionato allievo del "Maestro". Ne ricostruisce la formazione culturale e la maturazione intellettuale, dagli esordi come direttore dell'ufficio di Statistica di Sicilia, alla strenua difesa della dottrina liberista, pubblicamente sostenuta nella "Prolusione" letta nel Liceo Tulliano nel 1847 e nella Lettera di Malta dello stesso anno. Le aperte denunce contenute in quegli scritti contro il "tirannico governo dei Borboni" ne causarono l'incarcerazione. Se ne ricorda ancora l'elezione a deputato del Parlamento di Sicilia nel 1848, l'esilio a Torino, dopo la caduta del regime repubblicano; la nomina alla cattedra di Economia della Regia Università di Torino; gli scontri con il Consiglio Superiore della Pubblica istruzione, che lo esonerarono per un anno dal pubblico insegnamento, per il modo "pericoloso" in cui intendeva la libertà d'insegnamento; l'approdo a Pisa, come docente di Economia della relativa Università. Se ne ricorda, inoltre, il rientro in Sicilia, dopo la caduta dei Borboni, quando, nel 1862 fu nominato consigliere della Corte dei Conti e collaborò per la riforma finanziaria del Regno d'Italia. Studioso dell'imposta sui redditi di ricchezza mobile e sul macinato e dell'abolizione del corso forzoso, nel 1867 diventava ministro delle finanze e si dimetteva dopo appena tre mesi per riconfluire come deputato in Parlamento, fino ad essere nominato nel 1881 senatore. Di Ferrara - scrive Fornari - si è scritto "con grande amore" e il riferimento, esplicitato in nota, è al profilo biografico dedicatogli da Angelo Bertolini (La vita e il pensiero di Francesco Ferrara, Bologna, 1895). La parte più interessante della commemorazione è l'esposizione del pensiero scientifico di Ferrara, che Fornari propone come sintesi di un sessantennio di attività e che considera in parte condizionato dal luogo di nascita e di formazione del maestro: la Sicilia borbonica. Essa fu causa indiretta dell'amore per una "libertà in tutto e per tutti", a cui dedicò il suo impegno pubblico. Perciò le dottrine economiche di Ferrara - scrive Fornari - si comprendono solo partendo dal concetto scientifico della libertà. Per Ferrara è un grave errore affermare che "lo Stato sia la più elevata espressione della volontà e della libertà". Fornari ricorda la definizione che Ferrara stesso dette di libertà economica in una prolusione su "Importanza dell'Economia politica e condizioni per coltivarla" pronunciata a Torino nel 1849: "Economia è la formola nuova che ha assunto nel mondo la lotta tra il principio di emancipazione e quello di dispotismo". Dal concetto di libertà Ferrara faceva derivare quello di proprietà, e, in genere, la particolarità del pensiero di Ferrara risiedeva, secondo Fornari, nella concezione organica della scienza economica, in base alla quale ciascun concetto era concatenato ad un altro e tutti dipendevano da quello unico della libertà. Così il diritto stesso di proprietà, così la teoria del valore, così la teoria del costo di riproduzione, e così via. Alla domanda finale "sono ancora vive le teorie del Ferrara?", Fornari risponde con l'esempio di due economisti contemporanei stimati, Maffeo Pantaleoni e Vilfredo Pareto "sinceri ammiratori della dottrina del Ferrara" sui costi di riproduzione, sebbene alcuni principi siano stati superati dal progresso scientifico.

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Documento A. de Viti de Marco. Uomo civile. Problemi meridionali - Problemi nazionali - Problemi internazionali

Dopo una breve nota biografica (pp. 5- 6), in cui si punta soprattutto l'accento sulla scelta politica antifascista dell'economista leccese, attestata dalla lettera di dimissioni presentate all'Università di Roma il 5 novembre 1931, integralmente citata, segue il "Discorso tenuto da Ernesto Rossi, alla Fiera del Levante, il 12 settembre 1948, alla presenza del Presidente della Repubblica, e pubblicato a cura dell'Amministrazione della Provincia di Bari" (pp. 9-42). Nel suo discorso commemorativo, Ernesto Rossi dichiara subito il suo debito di gratitudine verso De Viti de Marco, sia per gli insegnamenti ricevuti attraverso i suoi scritti di economia finanziaria e politica, sia per l'amicizia che questi gli offrì durante il periodo della sua prigionia politica. Rossi ricorda di aver conosciuto De Viti De Marco nel 1925, per il tramite di Gaetano Salvemini, e di esserne subito rimasto affascinato per l'atteggiamento "democratico" con cui anteponeva ad ogni altra preoccupazione gli interessi generali del popolo e l'elevazione del loro tenore di vita e della loro educazione. Insieme con Ferrara, Pareto, Pantaleoni, De Viti de Marco rientrava in quel "piccolo gruppo di economisti che hanno veramente onorato la scienza italiana a cavallo tra i due secoli". Come loro, egli aveva disdegnato le teorie astratte derivanti dalla filosofia hegeliana. Rossi ricorda le lunghe disquizioni con De Viti de Marco, avute nelle due settimane in cui fu ospite di quest'ultimo nel 1928, per aiutarlo nella raccolta dei suoi scritti poi pubblicati nel volume "Un trentennio di lotte politiche". La più grande prova di solidarietà De Viti de Marco l'aveva data a Rossi in quelle poche righe che aveva premesso nel giugno 1931 all'edizione tedesca del suo trattato. Poche, ma significative parole di ringraziamento verso Ernesto Rossi, per averlo aiutato nella revisione critica dei suoi scritti. Oltre a citarne nome e cognome e ad indicare l'Istituto Tecnico di Bergamo in cui aveva insegnato, faceva esplicito riferimento alla condanna a venti anni infertagli dal Tribunale Speciale come capo dell'organizzazione politica "Giustizia e Libertà". Fu un vero e proprio atto di aperta accusa contro il fascismo. Quando il 31 luglio 1943 Rossi uscì dal carcere, lo andò a trovare ancor prima di far rientro a casa, perché, gravemente malato, aveva espresso il desiderio di vederlo un'ultima volta. La grandezza di De Viti de Marco era, secondo Rossi, nella capacità d'incarnare, accanto a pochissimi altri uomini meridionali, tra cui annovera solo Gaetano Salvemini e Giustino Fortunato, "l'espressione suprema della nostra civiltà". Rossi non si sofferma sul "pensiero scientifico del De Viti economista", non sembrandogli quella l'occasione più opportuna, ma sul suo pensiero politico e sul modo in cui si pose davanti ai problemi del Mezzogiorno, dell'Italia, del mondo. In relazione ai "problemi meridionali", Rossi attribuisce al De Viti il merito di essere stato "uno dei primi fieri avversari della tariffa doganale del 1887" che danneggiava in due modi gli agricoltori meridionali, sia perchè li costringeva a vendere a più basso prezzo le derrate agricole per la contrazione delle esportazioni, sia perché la riduzione delle importazioni costringeva ad acquistare a prezzi più alti i manufatti industriali. In contrasto con Luzzatti, sostenitore dei vantaggi della politica protezionista, De Viti de Marco sostenne l'antagonismo d'interessi "naturale e necessario" esistente tra industria ed agricoltura italiana. Non era possibile superare tale antagonismo con un appello alla solidarietà nazionale contro lo straniero, perché "non esiste un interesse italiano comune ed omogeneo a tutti i produttori italiani [...], esistono invece, in ognuna [nazione] interessi antagonistici, alcuni dei quali sono favoriti, altri offesi dalla rispettiva tariffa doganale". Nonostante negli anni l'intervento di burocrati e politici nella regolamentazione degli scambi commerciali interni ed esteri si fosse sempre più complicato a confronto con la politica doganale della fine dell'Ottocento, Rossi constatava come "la sperequazione derivante dalla politica commerciale non è stata ridotta, anzi è stata enormemente aggravata, negli ultimi due decenni sicché le parole del De Viti de Marco conservano tutto il loro valore". Accanto alla lotta contro la politica protezionista, Rossi ricorda la "battaglia" condotta dal De Viti de Marco contro tutti i privilegi tributari, che si rivelavano a svantaggio delle regioni meridionali. Da qui scaturiva secondo Rossi il più grande insegnamento lasciato dall'economista: "ci ha insegnato a distinguere, dietro le apparenti uniformità della nostra legislazione, le iniquità sostanziali verso il Mezzogiorno". Con De Viti de Marco Rossi concordava nell'imputare ai meridionali la mancata risoluzione dei problemi del Mezzogiorno: "il problema del Mezzogiorno è essenzialmente un problema di uomini: è il problema della formazione di una classe dirigente, veramente degna di questo nome, nell'Italia meridionale". Quanto ai problemi nazionali, Rossi ricorda come De Viti de Marco abbia lottato contro quella che egli stesso definiva la "quadruplice interna" , ossia l'oligarchia burocratica, l'oligarchia militare, l'oligarchia industriale, l'oligarchia proletaria. Quanto, infine, ai problemi internazionali, De Viti de Marco fu, nella collaborazione alla redazione del giornale "L'Unità" con Salvemini, uno dei più agguerriti avversari della politica nazionalista di Sonnino e sostenitore della politica wilsoniana. Ricorda il dissenso politico che divise De Viti de Marco da Pantaleoni, pur nell'ambito di un rapporto di stima ed amicizia ininterrotta durata 45 anni, le loro discussioni sulla politica estera dell'Italia nel periodo bellico e postbellico, i loro ragionamenti intorno alla Società delle Nazioni. La fiducia che De Viti de Marco aveva riposto in quest'organo internazionale era stata delusa dagli eventi. Nella conclusione Rossi esorta i contemporanei a mantenere vivo il pensiero dell'economista, in quanto "è solo il pensiero che ha valore nel mondo".

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Documento Introduzione

La relazione si apre con la presentazione di un quadro desolante della situazione economica italiana: "il commercio italiano è ancora meschino quanto mai, complessivamente considerato e le dimensioni delle singole aziende sono, per lo più, estremamente modeste". Tale immagine poco confortante era funzionale a dare maggiore enfasi alla funzione che avrebbe dovuto assolvere la Scuola di Commercio, come promotrice di tale ramo dell'economia. Molto insiste Pantaleoni sulla differenza tra un ateneo e una Scuola Superiore di Commercio: "faccia il commercio chi crede e vuole a rischio e pericolo suo; le Scuole di Commercio offrono a chiunque lo desidera i mezzi che si reputano atti a scemare i rischi e ad accrescere la probabilità di riuscita, ma se vi è chi crede di far meglio il proprio tornaconto non servendosi di esse, non ci sono e vi hanno da essere, delle leggi e de' regolamenti che gli fanno violenza". Uno dei più diffusi e rischiosi pregiudizi di natura culturale che dovevano essere vinti riguardava la convinzione che "il progresso sociale in genere, e, in particolare, quello più recente, sia dovuto principalmente ed esclusivamente ai progressi delle scienze fisiche e chimiche, e cioè, alla loro influenza nello sviluppo delle arti industriali. Nè alcuno pensa, come a fattore rilevante di progresso economico e civile, ai progressi d'indole commerciale". Eppure, proprio "la conoscenza delle leggi naturali della moneta e del credito hanno reso possibile ed efficace una serie di ordinamenti commerciali (istituti di credito, stanze di compensazione, magazzini generali) e rese impossibili leggi rovinose, come quelle contro l'usura, contro l'esportazione del denaro, ecc. E gli effetti della conoscenza di queste leggi hanno altrettanto aumentata la massa del benessere umano quanto hanno potuto farlo una serie d'invenzioni industriali. La conoscenza della legge naturale del commercio internazionale e la loro diffusione ci porta all'attuazione del libero scambio". Si trattava di un pregiudizio che, secondo Pantaleoni, rinviava ad un altro, ben più profondo e difficile da estirpare, la tendenza a valutare l'organizzazione commerciale secondo il profilo morale.

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Documento Di alcuni ostacoli speciali allo sviluppo della Scuola di Bari

Pantaleoni individua come ostacoli allo sviluppo dell'Istituto barese: la posizione geografica, dal momento che "è sita in provincia nella quale i commerci e le industrie sono ancora alla primavera del loro sviluppo e anzichè essere di grande giovamento alla Scuola, da questa attendono aiuto, guida e stimolo". A questo si aggiungeva il fatto che "qui si ritiene che gli studi classici siano i soli a nobilitare l'uomo, le professioni liberali hanno un prestigio superiore a quelle commerciali. Ne consegue che solo i figli dei meno abbienti o coloro che sono stati respinti dopo ripetuti insuccessi dalle altre professioni vengono a rifugiarsi nel commercio".

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Documento Degli scopi che può realizzare la Scuola Superiore di Commercio in Bari e delle riforme di cui abbisogna

Lo scopo principale della Scuola è secondo il Pantaleoni ignorato dai più: "una Scuola Superiore di Commercio è un potente mezzo d'istruzione, un focolare di scienza per gli adulti, per i commercianti, che già sono nel primo esercizio delle loro funzioni. Sono questi che (...) ai vari professori di Diritto debbono chiedere consigli, che al professore di Contabilità e a quello dei Banco devono domandare aiuto nelle proprie faccende, che ai professori di Lingue si debbono rivolgere per traduzioni e schiarimenti, che al professore di Merceologia e di Chimica devono chiedere le informazioni che a loro mancano, ed è al professore di Economia e di Statistica che l'opinione pubblica può essere tutelata dagli sviamenti in cui ogni giorno la vediamo cadere in materia di dazi, in materia di credito, in questioni monetarie, e in tanti altri di generi simili. (...) Un nucleo di specialisti delle varie discipline economiche, commerciali, e, soprattutto, un corredo adeguato di materiale scientifico, possono servire ad indirizzare la massa intera dei commercianti sulla via più sana e sicura e se questo si ottiene da un lato mediante i rapporti personali, de' commercianti, con i vari professori e dall'altro mediante l'uso dei materiali scientifici per parte di una gran massa del pubblico, non che mediante l'opera pubblica dei professori nella stampa quotidiana, con conferenze e con pubblicazioni speciali, i corpi fondatori hanno speso bene il loro denaro e ricevuto in cambio larga usura". Un certo rammarico esprime Pantaleoni nel constatare come la nobile iniziativa di alcuni professori della Scuola di organizzare delle conferenze domenicali avessero riscosso l'interesse generale delle case straniere, a cui era corrisposta l'indifferenza generale di quelle locali.

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Documento Lamentele sul veto di riunione

Oggetto di discussione è la libertà di riunione privata, limitata dal recente veto imposto sulle riunioni che abbiano per oggetto il problema internazionale della guerra. A parere di Pantaleoni il veto si estenderebbe nella pratica anche alle riunioni che hanno "per oggetto una giustizia di valori o altro interesse economico". Nella stessa lettera Pantaleoni avvisa Salandra delle minacce di tumulto da parte dei socialisti. La lettera si conclude con un giudizio poco lusinghiero espresso dal prof. Pantaleoni sul Parlamento italiano: "La Camera è vile assai e occupata di avversari suoi [di Salandra] in prevalenza. Più la Camera resta convocata e più lei si logora". Nonostante tutto Pantaleoni offre il suo sostegno politico a Salandra.

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Documento Appunti del prof.Maffeo Pantaleoni

Stringher invia a Salandra una lettera con alcuni appunti dattiloscritti di Maffeo Pantaleoni in allegato (Note del prof. Pantaleoni). Essi sono articolati nei seguenti punti di discussione: 1) Il concorso di capitale estero nelle industrie - quello esistente e quello che sarebbe possibile e desiderabile; 2) E' assai più utile agli italiani che non s'investa direttamente nelle singole industrie, nella navigazione, nell'elettro-tecnica, nei cotonifici, ecc., bensì si prendano compartecipazioni nelle banche di credito mobiliari e attraverso queste gli stranieri s'interessino alle industrie: il riparto del capitale tra le varie domande riuscirà allora più conforme alle produttività marginali, avverrà in modo più disseminato e così da non fare 'blocco' in certi rami d'industria; avrà caratteri più agili, liberi, sostituibili. E' assai più facile ottenere il concorso a banche anziché venti concorsi in venti industrie, perché il primo metodo richiede risposta ad un solo quesito, anziché a venti; e risposta a quesito di cui gli elementi sono facilmente riuniti, anziché a quesiti di cui gli elementi sono molti gruppi eterogenei; 3) Una combinazione è ora presente, domani non lo sarà più; e un'altra sarà resa difficile dall'inconsiderato rifiuto dell'attuale. Assumerà perciò una grave responsabilità chiunque: a) la esaminasse superficialmente; b) la lasciasse tramontare per tardività nel decidersi. La combinazione che si offre è adeguata per la forma e per le persone alle esigenze del patto di Londra (...); 4) Il patto di Londra non acconsente più l'equivoco della formale pace con la Germania e dell'effettiva lotta contro questo solo e vero nemico nostro. Ci priva pure, l'equivoco detto, di pegni utili per il giorno della pace; 5) La combinazione proposta, perché è anglo-belga-francese, esclude il dominio di un'unica forza straniera in Italia. E' stato questo punto antitetico al regime precedente che è ancora l'attuale; 6) La combinazione proposta riunisce forze capitalistiche così ingenti, quale nessun'altra combinazione può riunire maggiori e perciò tali da essere di grande giovamento per l'Italia nel regime post-bellico; 7) Le banche e gli industriali disposti a far parte di una combinazione con la Commerciale: a) a patto che questa si liberi dai tedeschi e dagli italo-tedeschi, b) a patto che il governo gradisca il loro intervento (...).

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Documento Dimissioni di Sonnino

Pantaleoni si confronta con Salandra sulla crisi ministeriale del 1916, aggravata dagli insuccessi bellici. Secondo Pantaleoni Sonnino non dovrebbe dimettersi, per non aggravare la situazione già critica.

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Documento Risposta di Salandra sulle dimissioni di Sonnino

Salandra risponde a Pantaleoni di essere perfettamente d'accordo con lui sulla necessità che Sonnino rimanga ad occupare il ministero.

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Documento Incontro con il barone Sakatani

Nella lettera si parla del barone Sakatani, delegato alla conferenza di Parigi e già suo collega nell'Istituto Carnegie, il quale vorrebbe conoscere Salandra prima di lasciare l'Italia. Pantaleoni sperava che Sonnino glielo presentasse. Il barone è, secondo Pantaleoni, un personaggio molto importante per le numerose relazioni che intesse col mondo universitario europeo e americano. Se Salandra, dunque, interrompesse il suo riposo per conferire qualche ora con il barone renderebbe un nuovo servizio alla causa patria.

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Documento Presentazione del barone Sakatani e discorso sulla guerra di Luzzatti

Pantaleoni traccia un breve profilo professionale del finanziere Sakatani a Salandra. Da quanto scrive Pantaleoni emerge come Sakatani si fosse distinto nel trattare la pace russo-giapponese con DeWitt. Pantaleoni lo conobbe qualche anno prima a Berna nel penultimo congresso della Carnegie. Arrivò in quell'occasione qualche giorno prima per discorrere con J.B.Clark della Columbia University. C'era anche già Sakatani che aveva per segretario un suo ex-studente di Ginevra. C'era anche Teodoro Schiemann, il professore di storia orientale dell'università di Berlino, capo redattore della Kreuz Zeitung. Due giorni dopo sarebbe arrivato Luzzatti, il quale avrebbe annunciato a Pantaleoni che si sarebbe personalmente occupato del discorso da pronunciare per l'Italia in occasione dell'inaugurazione. In quell'occasione Pantaleoni si sarebbe mostrato alquanto dubbioso e titubante: di sicuro Luzzatti avrebbe inneggiato alla pace, e in tal modo si sarebbe giocato la conferma alla carica ministeriale. Si riportano le parole esatte pronunciate da Pantaleoni nel dialogo con Luzzatti così com'è stato riportato nella lettera: "Lo sai, me ne frego di quello che fai, ma affinché non si dica che dei due italiani che c'erano qui uno era un coglione, ti dico di almeno fare riserve, e ancora riserve". Luzzatti aveva effettivamente preparato "un grandioso discorso pacifista" ed era intimorito dalle parole di Pantaleoni, a tal punto da chiedergli di dargli dei suggerimenti sulle correzioni da apportare. Pantaleoni gli avrebbe, così, consegnato un suo "memorialino" liquidandolo con queste parole: "Senti, non credere a me. Strofinati un po' a Sakatani come ho fatto io e vedrai che luce viene dall'Oriente. Poi strofinati a quell'accidente d'un prussiano e vedrai cosa pensa un amico intimo del Kaiser (Schiemann era stato nominato professore dal Kaiser contro il parere della facoltà)". Luzzatti avrebbe di fatto parlato all' ouverture "come un Dio contro la pace!". Tre mesi dopo il pronunciamento di quel discorso sarebbe iniziata la guerra turca. Pantaleoni preannuncia poi a Salandra una nuova crisi ministeriale per dicembre. I giolittiani avrebbero dato, a suo avviso, "una nuova spallata al sistema: sistema d'altronde debole, pieno di contrasti e di insidie". La speranza di Pantaleoni è che per quella data Salandra "si sia rimesso in gamba".

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Documento Scambio d'informazioni politiche

Nella lettera Pantaleoni si apre ad alcune considerazioni di natura politica: "Caro professore, sono assai numerosi i problemi politici, ma proprio per questo non è indifferente a noi italiani avere gli uni o gli altri al governo. Tra le condizioni, assai numerose, vi è pur quello della qualità o dei caratteri degli uomini che sono al governo! Pericle, nel suo testamento, scongiurò gli ateniesi di non volersi rovinare con spedizioni lontane. Morto lui, prevalse l'avviso della spedizione a Siracusa e Atene cadde". E continua con alcune considerazioni sulla disastrata situazione economico-finanziaria del Mezzogiorno: "non è solo Troia che è nella miseria, ma gran parte del Mezzogiorno. La gente vi muore di fame e in silenzio! E la vera guerra, il vero travaglio della guerra è in larga misura fatto dal Mezzogiorno! Ma come aiutarli! Non capiscono e seguono e amano coloro che li ingannano. Al policlinico ci sono molti cani operati e molti sono contadini della Puglia e Calabria. Attualmente impera una camorra ligure-piemontese-lombarda delle più avide, grette, crudeli ed intellettualmente mediocri. Concordia? Si! Ma secundum quid, e non secundum aliud. Peccato non abbia potuto abbracciarmi con Sakatani (?). Gli Stati Uniti sono presi da un pericoloso senso d'imperialismo militarista anti-inglese ed anti-giapponese. Questo li butterà nelle braccia della Germania. I giapponesi pararono bene la domanda d'internazionalizzazione delle ferrovie mauriziane con l'ultimo trattato. Ma la lotta è ancora aperta. Può riuscire utile a noi".

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Documento Sulla Massoneria italo-francese e sulla sua penetrazione in Parlamento contro Salandra

Lettera in cui Pantaleoni parla di gruppi politici coinvolti nell'associazione segreta massonica europea ed italiana. A livello europeo fa riferimento in particolare alla Massoneria francese ed ai suoi motivi di ostilità. Ponte tra la massoneria italiana e massoneria francese è il gruppo di politici che gravita intorno alla società editoriale dei giornali "Il Secolo", "Il Messaggero" ed il "Petit parisien", che si vende molto a Roma. A questo punto Pantaleoni entra più nel dettaglio e nomina i politici direttamente coinvolti nella rete massonica italo-francese: "il Della Torre (senatore, Banco Intesa, Commerciale, ex giolittiano) sussidia pure "l'Avanti" e sta a cavallo tra radicali, socialisti e giolittiani. fa sempre l'ultra-democratico. Fera è radicale, giolittiano, massone, amico del piccolo Ciccotti, direttore della "Polemica Socialista". (...) e pensare che lei è combattuto perchè antidemocratico, perchè sostenuto dal "Corriere della Sera", perchè antimassone, reazionario, sospetto cattolico, e questa nomina o reputazione la stanno facendo gli anticlericali e massoni francesi. Nell'attuale gabinetto sono massoni Fera, Bonomi, Bianchi, Scialoja."

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Documento Scambi d'informazioni politiche

Lettera in cui Pantaleoni presenta a Salandra il caso di un articolo di Preziosi sul Tittoni censurato: "L'articolo mi sembra assai modesto è vero, modesto nella forma, vero nella sostanza. Mi sembrava anche opportuno. Il Tittoni è pericolosissimo. I dissensi del Tittoni in politica sono della stessa natura dei dissensi scientifici o di questioni di belle arti. Sono analoghi ai dissensi in affari. Si è avversari scientifici, si è nemici politici. Un nemico politico io lo voglio e debbo volerlo morto, così un avversario in affari lo voglio fallito, se non lo volessi, vorrei la mia morte, il mio fallimento - e allora è impensato fare della politica, fare degli affari, è ragionevole smetterla di fare il Pitagora. La censura che protegge Tittoni lo crede un amico politico. Allora c'è un errore di giudizio, di diagnosi, basato su inadeguate informazioni. Ma questo è grave. Innanzitutto occorre vedere giusto per agire opportunamente. Ma possibile che Sonnino si illude su Tittoni?". Pantaleoni fa poi riferimento ad un giornalista francese che avrebbe avuto la "sfacciataggine" di indicare "quali siano i nostri giusti uomini". Scrive a proposito Pantaleoni: "è un colmo che perfino un Luzzatti ha il tatto di non commettere nei riguardi dei francesi!!".

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Documento Scambio d'informazioni politiche sulla Massoneria in Italia, ostacolo di un ritorno di Salandra al governo

Lettera d'interesse esclusivamente politico. Pantaleoni chiede a Salandra di procurargli un elenco nominativo esatto di tutti i venerabili della Loggia Italiana chiedendolo alla Direzione Generale della Sicurezza Pubblica. "I nomi non sono che 36mila in Italia e tutto il loro capitale non è che di 15 milioni. (...)Ciò non può tanto dominare gran parte della vita pubblica italiana. Alcune cose fanno bene, molte fanno male. Per costringerli a limitarsi alle prime e chiedere loro la via delle seconde, a mio avviso basta proiettare luci, luci, più luci. Il Sole è il più potente microbicida. Nessuno osa fare porcherie in pubblico, all'infuori di due rarissimi tipi di uomini: certi delinquenti eccezionali e certi altrettanti eccezionali uomini di Stato.(...) Questa pubblicazione sortirebbe il medesimo effetto moderatore che ebbe quello della pubblicazione esatta di tutte le imprese nelle quali era interessata la Commerciale, con l'esatta indicazione dei Capitali da essa impegnata nelle medesime (...)". Pantaleoni conclude il suo intervento precisando che "è la Massoneria, come già le spiegai, il maggiore ostacolo a un suo ritorno e la lega è potente, perchè si estende in Francia".

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Documento Ritagli di giornale e informazioni su Caillaux

Il prof.Pantaleoni invia a Salandra due ritagli di giornale, tratti dalla "Idea Nazionale" ed entrambi soppressi dalla censura: 1) "Uno strano camaleonte"; 2) "La giornata dei Renoir". Nella stessa lettera Pantaleoni informa Salandra della presenza a Roma, presso l'Hotel di Russia di Caillaux, sotto uno pseudonimo. Egli avrebbe già avuto contatti con il Papa e con un paio di giolittiani per trattare la pace attraverso pratiche extragovernative.

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Documento Speculazioni e sopraprofitti di guerra

Pantaleoni si apre con Salandra ad alcune considerazioni e giudizi su personaggi ed eventi politici italiani. Paragona Caillaux in Francia a Giolitti in Italia: entrambi, a suo avviso, avrebbero "fabbricato" la Camera attuale. Caillaux è il capo del partito socialista, ma, appartenendo a famiglia cattolica clericale e legittimista, ha ancora influenza tra i cattolici. A Napoli ha legato con Scarfoglio, a Roma con Modigliani. "La Casa socialista, avanti a lui, si è rifornita a mezzo delle assicurazioni fatte con Agnelli e Della Torre sul ribasso delle azioni della Fiat. La campagna contro i sopraprofitti di guerra ha servito all'uopo. Io temo che anche Sonnino non abbia una veduta giusta in argomento e vada rosso in argomento di sopraprofitti. (...) Spiegarle la speculazione è troppo lungo. L'equivalente di Caillaux in Italia è il senatore Della Torre. Mediante il fiscalismo demagogico nella cui rete cade Sonnino, si fa la politica neutralista, perché si sabotano le industrie belliche". Allegati: 1 c. dattiloscritta, datata Napoli, 21 dicembre 1916; lettera dell'avv. Ettore Sacco contro gli articoli pubblicati sul Mattino che affossano il morale già basso del Sud per Calandra (c. 139 bis).

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Documento Informazioni su Nitti e Giolitti

Pantaleoni informa Salandra sugli appuntamenti di Caillaux ed invia notizie su Giolitti, che si è risentito con Nitti per averlo fatto apparire in pubblico discorso come favorevole alla guerra quando egli è per la pace. Inoltre Pantaleoni informa Salandra che i massoni di rito scozzese, ufficialmente favorevoli alla guerra, in realtà lavorano per la pace.

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Documento Sostegno morale e politico a Salandra

Pantaleoni sostiene moralmente Salandra invitandolo a non abbandonare l'impegno politico: "Lei mi dice che lei non è al governo. Purtroppo! E per colpa sua pure! Ma, l'Italia non è soltanto il governo; è anche la somma degli uomini energici e aventi coltura politica!E nella specie, lei non è il primo venuto, ma il cugino del Re, l'ex presidente e l'uomo che ha osato ciò che non solo altri non hanno osato, ma contrastato e perciò ha attitudini per tornare ad osare!Se la stampa fosse meno veicolata mi batterei anche da solo! Fiducioso che gli italiani sono il più grande popolo del mondo per intelligenza e slancio".

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Documento Considerazioni varie di natura politica ed economica

Pantaleoni si lascia andare ad una critica feroce contro la triade Orlando, Vigliani, Corradini che gli ha censurato una serie di articoli. Parla poi di "titoli di emergenza verso il paese", ovvero: il monopolio delle assicurazioni, che avrebbe circa 40 milioni di deficit, dovuti in gran parte alle ruberie che ebbero luogo nell'acquisto delle attività delle compagnie in liquidazione; la distruzione della scuola di foresteria di Vallombrosa; la costruzione del lago di Muro Lucano; la sua consulenza presso il Banco Sconto. Infine fa riferimento a Nitti, pronto ad accettare solo la presidenza parlamentare, o il ministero degli Interni o gli Esteri, mentre rifiuterebbe il Ministero del Tesoro.

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Documento Congresso interventista

Pantaleoni informa Salandra di una riunione prossima in vista dell'organizzazione di un Congresso interventista.

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Documento Sulla formazione di Comitati di resistenza misti di operai ed impiegati

Pantaleoni scrive a Salandra per rendergli nota una lettera scritta dal direttore delle Officine Ansaldo a un amico di Roma. Dalla lettera, che Pantaleoni allega in copia dattiloscritta, proveniente da Genova in data 19.11.1917, si trae l'informazione della costituzione di un comitato misto di impiegati e di operai per soccorrere i profughi nella speranza di raccogliere qualche centinaio di migliaia di lire. Gli impiegati e gli operai, secondo Pantaleoni, sono "tutti bene animati e forzeranno la mano anche al governo". Pantaleoni chiede che si mettano in prigione i sobillatori, a partire da un certo Lazzari Costantino. Teme che se non faranno loro la rivoluzione, facendo chiudere tutti i Comitati di resistenza, "non caveranno un ragno dal buco". Stanno organizzando una squadra di fidata vigilanza ma, perché funzioni, è necessario l'appoggio ministeriale.

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Documento Ruolo economico dell'America nella prima guerra mondiale

Pantaleoni si rallegra per l'elezione di Salandra all'Accadémie des Sciences Politiques et morales creata dal Guizot (presidente Henri Welschinger). "Purtroppo attualmente la politica del mondo non-germanico è retta dallo scemo della compagnia. E non può essere diversamente se vogliamo mangiare, aver carbone e ferro, ecc. Egli, a sua volta, è ogni dì maggiormente governato dalla plutocrazia trustaiuola dei cari americani. Il partito democratico americano vinse nel programma della guerra ai trustaiuoli. I trustaiuoli si sono mangiati il partito democratico. Se lo mangiavano anche senza la guerra. Ma con la guerra hanno fatto più presto e più integralmente. Il giorno in cui quei trustaiuoli 'War Traders' crederanno di fare più quattrini con la pace che con la guerra ci imporranno la pace. Per ora vogliono la guerra. Anche la liberazione della Polonia con porto al mare! (...) Vogliono l'exploitation della Russia. Benissimo. Pure d'accordo con loro, se ci liberano dall'aggio, se ci danno grano, ferro, carbone. La loro guerra la fanno con molta pelle italiana e negra. Ci aiutino a fare la nostra. Spero che Sonnino abbia parlato brutalmente. Il contadino italiano, forse sì, forse no, capisce che conviene battersi per i nostri confini e per la Venezia Giulia e per la Dalmazia. Ma se gli si dice che si deve battere perché è giusto che i polacchi abbiano Danzica e gli americani le miniere e le ferrovie russe, il contadino, credo, si farà bolscevico. Lei ha un'occasione unica per fare un nuovo discorso del Campidoglio (...). Io credo che il mondo ancora apprezzi il buon senso; soprattutto in Francia, dove una lunga schiera di grandi uomini politici ha coltivato l'opinione pubblica éclairée".

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Documento Considerazioni sulla vita politica italiana negli anni del primo conflitto mondiale

La lettera è scritta da Pantaleoni al rettore dell'Università di Roma ed inviata in copia ad Antonio Salandra. L'occasione della dodicesima vittoria degli italiani sugli austro-tedeschi lungo la linea di trincea del Piave è per Pantaleoni l'occasione di esprimere alcune considerazioni politiche: "Caporetto fu non già una sconfitta militare, ma un tradimento di italiani internazionalisti e vaticanisti e riuscì in ragione della vita politica, della presidenza del Consiglio di allora e del Ministero dell'Interno di allora, ancora oggi ministro dell'Interno. Se la politica interna è migliorata è merito dei Fasci e dell'energia degli italiani e non già del ministro dell'Interno, che ci lasciò condurre a Caporetto". Per queste ragioni Pantaleoni comunica al rettore dell'Università di Roma che non sarebbe andato a felicitarsi con il presidente del Consiglio, Paolo Boselli.

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Documento Considerazioni sull'inefficienza della classe dirigente italiana

Nitti, Orlando ed altri si rivelano "incapaci di affrontare e risolvere i nuovi problemi del dopoguerra quasi altrettanto gravi quanto quelli della guerra. Conviene perciò di liquidare questi uomini e di cessare dal sorreggere e salvare l'uno a ciò che non vinca l'altro".

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Documento Proposta di stesura di un articolo

Pantaleoni invita Salandra a scrivere una pagina per l'Album curato dal canonico palatino Tanzella, e in quanto artefice della dichiarazione della guerra non può astenersi dallo scrivere qualcosa su quell'album.

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Documento Informazioni politiche sulle trattative di pace

Pantaleoni organizza un incontro tra Salandra ed il dottor Gustavo Tosti, console diplomatico. Lo presenta come buon conoscitore di più lingue, viaggiatore esperto, autore di vari articoli firmati come "Frost" nel giornale La Vita Italiana e come "grandissimo ammiratore" dello stesso Salandra. Nella seconda parte della lettera informa Salandra che suo fratello gli ha scritto dagli Stati Uniti in data 15 gennaio, confermandogli che la maggioranza dell'opinione pubblica americana sostiene le rivendicazioni italiane, nonostante le agitazioni jugoslave. Quanto a Wilson, Pantaleoni ha saputo che si limiterà ad opposizioni puramente verbali e che cederà se Sonnino si manterrà fermo sulle sue posizioni.

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Documento Considerazioni sulla crisi politica in Italia e sul ruolo di Salandra per sanarla

Pantaleoni discute con Salandra della raccomandazione di Di Giorgio (?), "uomo intelligentissimo come so dal suo professore (Enrico) Barone, (...) anche originale di pensiero, ma privo di senso morale quando il suo interesse è in giuoco". Ha perso anche la stima di Barone dopo aver avuto un atteggiamento ambiguo rispetto alla questione di Cadorna. Già aveva dato prova della "sua mancanza di carattere allorché alla Camera, avendo dal Nitti la promessa del Ministero, lodò i socialisti, cioè, dichiarò non negare loro patriottismo, mentre in discorsi privati riconosce che contribuirono potentemente al disastro di Caporetto". Pantaleoni esprime poi le sue perplessità sulla nuova Camera di Deputati, composta da "tutti novellini, i quali per nove mesi saranno pulcini nella stoppa", la maggioranza priva di alcuna coltura politica profonda, non avrà un sistema organico in testa, basato su studi storici, su studi di diritto pubblico, su cultura economica, su conoscenza di condizioni di fatto all'estero. Sarà fronteggiata da problemi colossali, che non si risolvono con "i clichés elettorali" . Inoltre "più di prima le organizzazioni fuori Camera influiranno sulla Camera, ossia più di prima saravvi un'opinione pubblica che avrà un peso maggiore di prima. La Camera sarà più debole". Pantaleoni esprime un forte senso di nostalgia per i tempi della sua giovinezza, quando grandi uomini che fecero l'Italia erano alla Camera e al Senato. Nel presente, invece, tutto gli appare in decadenza. "Ora lei ha nel paese 'fuori camera' una base che non va lasciata sgretolarsi, ma va coltivata, ingrandita, rafforzata a ciò che possa gareggiare con la base socialista e la clericale. E questo deve essere opera di coloro che ritengono la sua opera utile al paese! (...) L'attuale regime, con la sua gragnola di decreti, uno più assurdo dell'altro, soprattutto con la sua distruzione dell'industria agricola e con la sua distruzione del commercio se non viene presto un governo sensato, conduce a una rivoluzione-dittatura che sarà o quella dei socialisti o quella degli uomini d'ordine. La sua funzione può essere quella di salvarci da queste necessità. Per la dittatura occorrono uomini nuovi e ve ne sono a josa. Per la conservazione di un regime liberale francamente non vedo che lei. Altri sono troppo incompleti, unilaterali, non hanno reso i servizi che lei ha resi".

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Documento Parole d'elogio

In questi termini Pantaleoni commenta la lettera di Salandra agli elettori di Lucera: "Caro Salandra, lei ha reso di nuovo un notevole servizio al Paese con la sua lettera a quelli di Lucera. Sono particolarmente lieto di vederlo dichiarare che ella sente l'obbligo di non abbandonare la lotta. Non solo per la fede nell'Italia, ma anche perché mi sembra di essere in grado di giudicare obiettivamente questo nostro Paese, ritengo che non sia tale da lasciarsi a lungo governare da quella accozzaglia di disonesti e di ignoranti che ora hanno il potere, e meno che mai, da un neo-giolittiano. Il paese tornerà a volere un governo o una successione di governi che di esso sia degno. Perciò...avanti! (...) Nel suo discorso mi sembra errato un solo dato di fatto: i russi concorsero a liberare il Trentino.(...)".

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Documento Interessante confronto Don Sturzo-Pantaleoni

Nella lettera Pantaleoni rende conto della sua conversazione con Don Luigi Sturzo sulla situazione politica dell'Italia nel 1920.La lettera si traduce, poi, in uno spazio di riflessione del Pantaleoni su questioni politiche ed economiche del suo tempo in un confronto interessantissimo con Don Luigi Sturzo: "Feci presente a D.Sturzo che la crisi del paese è cosi grave che molti patrioti sono disposti a transigere su molte cose pur di giovare adesso; che se i socialisti avessero ora un solo monco di Stato, sarebbero padroni del paese; che non lo sono, appunto perché non l'hanno e perciò si limitano a sabotarne le istituzioni e il funzionamento; che se il P.P. non usciva ora dal suo quietismo politico e non assumeva delle responsabilità dirette, il partito stesso si sarebbe sgretolato, perché non rispondente a una funzione". Pantaleoni racconta a Salandra che Don Sturzo era convinto che ormai il suo partito non poteva continuare nel suo astensionismo e che "la situazione economica era pure tale da richiedere una linea di condotta del P.P.". Tuttavia, Don Sturzo incontrava grandi difficoltà nella scelta del candidato cui offrire il governo della cosa pubblica. Chiedeva, pertanto, a Pantaleoni un giudizio su Bonomi e questi rispondeva che egli sarebbe stato in un ministero un notevole pegno per anticlericali, democratici, socialisti e riformisti, che aveva lealtà politica e un'apprezzabile competenza in questioni finanziarie. Importanti, secondo Pantaleoni, erano anche gli accordi politici coi cattolici e i liberali, finalizzati ad arrestare l'avanzata dei socialisti e di Nitti."Certo, elezioni comunali, sistema d'elezione, e elezioni generali, erano tra i punti da dibattere, ma erano pacifici altri, come la sicurezza pubblica, il rispetto della legge, il mutamento di politica economica e finanziaria". Quanto al timore di Don Sturzo sul possibile rientro di Giolitti "gli dissi che sapevo del dissidio tra Nitti e Giolitti per le questioni sorte a Torino tra industriali e socialisti. Nitti aveva dato ordine di mollare. Aggiunsi che sapevo pure che Giolitti si era pronunziato contro l'anarchia e il bolscevismo nella burocrazia; che queste erano cose che potevano renderlo simpatico a molti e, data la mancanza completa di carattere e di onestà degli italiani, poteva far scordare ogni sua precedente turpitudine. Dissi ancora che non mi meraviglierei affatto se, giungendo al potere Giolitti, risolvesse il problema internazionale con l'applicazione pura e semplice del Patto di Londra, e ciò in meno di 24 ore". I due si confrontano anche sulla questione del grano e del prezzo del pane. Sturzo si chiede se non sia il caso di aumentare la produzione in vista di un incremento del prezzo politico. Secondo Pantaleoni la questione non va isolata: la quantità di grano che il paese può produrre ha un limite nelle rotazioni agricole. Inoltre "gli impedimenti al commercio ci toglievano la possibilità di pagare grano estero e ogni altro prodotto estero".Don Sturzo era d'accordo con Pantaleoni e iniziò a citare molti casi di esportazione siciliana impedita e di prodotti siciliani andati a male per la politica commerciale del governo: "Se la Sicilia avesse una lira sua, questa starebbe alla pari con la spagnola." "(...)Vedendolo a cavallo su quel tema - continua a raccontare Pantaleoni - gli mostrai allora come potremmo anche sopportare un adeguato monopolio e regime socialista dei grani, se intanto fosse libera l'esportazione per i privati degli altri prodotti e libera l'esportazione della cartaccia nostra; che se un nuovo governo si assestasse su questa via, avrebbe l'appoggio non solo dei siciliani, ma di tutta l'Italia, all'infuori di quello delle cooperative socialiste, ora legate alla Confederazione Generale del Lavoro". Alla domanda di Don Sturzo "se andassero al governo gli uomini nostri in unione con altri, il sabotaggio socialista sarebbe da prevedersi in un primo periodo più violento che mai. Nevvero?" Pantaleoni risponde "Certo, ma di fronte a quanto si avrebbe l'appoggio di tutti coloro che sarebbero liberati dall'incubo e dai vincoli che potrebbero di nuovo lavorare". Inoltre, riprendendo la tesi che la questione del pane non va presa isolatamente, Pantaleoni chiede che sia ridata libertà d'emigrazione: "La domanda di mano d'opera all'estero è enorme e i nostri vogliono partire. Oh lo so, lo so bene...e giù una serie di casi di gente maltrattata e bistrattata dall'ufficio di emigrazione, dal De Michelis in particolare, che riduce manovali e contadini a schiavi della sua politica, politica di uomo del tutto irresponsabile, ma più potente di un ministro. Mi disse di gente che voleva andare in Brasile con ogni garanzia profferta loro, e impedita di partire; di gente che voleva andare agli Stati Uniti e doveva superare due muraglie delle quali una e la peggiore era la nostra". Pantaleoni scrive altre due lettere a Salandra nel 1920 di scarso rilievo. La prima è datata Roma, 2 luglio (C=1=29.44) e la seconda Fiume, 16 ottobre 1920 (C=1=29.80).

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Documento Necessità di bloccare il "risorgere" politico di Francesco Saverio Nitti

Dopo aver parlato di alcune questioni relative alla nomina del nuovo titolare della cattedra di Filosofia presso l'Università di Roma, Pantaleoni si apre ad alcune considerazioni su personaggi politici del suo tempo. Scrive, infatti, di Francesco Saverio Nitti, che "si prepara a risorgere", di Giovanni Giolitti, che "cade su una o l'altra questioncella, per sorpresa, per mancanza di disciplina, per gambetto datagli dal Nitti, per sommossa del popolo". Secondo Pantaleoni è necessario liquidare Nitti, non farlo risorgere.

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Documento Partenza di Pantaleoni per Fiume e sua sostituzione all'Università di Roma

Pantaleoni invia a Salandra copia della lettera indirizzata al preside di Facoltà dell'Università di Roma nel momento in cui decide di partire per Fiume. Scrive, infatti, che, poiché ha accettato "di servire il campo di Fiume e della Dalmazia, in quel modo come meglio potrò e saprò, contro ogni eventuale decisione dell'attuale governo, e nella speranza che l'ordine, il rispetto del diritto, la difesa della proprietà e la libertà di lavoro non continueranno a essere manomessi dall'attuale governo, come lo furono del governo di Nitti, da Fiume possa venire la parola sanatrice e l'atto riparatore. Non potrò perciò riassumere la mia lezione all'università di Roma per i mesi di novembre, dicembre e gennaio. Da ciò il mio dovere di chiedere alla signoria vostra e alla Facoltà che ella presiede una qualche forma di licenza durante la quale i miei stipendi staranno interamente devoluti a chi mi sostituirà. Se mi è lecita la risposta, della quale la Facoltà e lei faranno quel conto che vorranno, amerei vedermi sostituito, tra i liberi docenti, soltanto dal collega Broglio D'Ajano, o altrimenti dal professor Enrico Barone della Reale Scuola Superiore di Commercio, o altrimenti ancora dal prof. Umberto Ricci dell'Istituto Internazionale d'Agricoltura di Roma. L'erario non soffrirebbe un centesimo di danno e l'impegno sarebbe svolto con coscienza e competenza senza aggravio di lavoro per alcun collega della sua facoltà. Sono dolente di creare questo imbarazzo alla facoltà. Se questo imbarazzo dovesse essere diminuito da una mia domanda d'aspettativa, o da altro mio procedimento, la prego di volermene suggerire ed essere certo che sarà senz'altro accettato".

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Documento Nuova energia politica per Salandra

Pantaleoni si complimenta con Salandra per il successo del suo discorso, dovuto, a suo parere, dal fatto che risulta essere perfettamente corrispondente alla situazione politica. Pantaleoni invita Salandra a prendere un "contatto più intimo con le energie nuove", quale successore di Giolitti. Secondo Pantaleoni Salandra dovrebbe mostrarsi dotato di grande energia politica. In caso contrario, la situazione politica del Paese potrebbe deteriorarsi.

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Documento Sul Conto Nitti

Pantaleoni informa Salandra di un presunto conto Nitti esistente presso il Banco Sconto, per "Commissioni" su cambi e partecipazioni che avrebbero fruttato allo stesso Nitti 40 milioni e mezzo. Nitti, all'epoca ministro, avrebbe fornito informazioni e concesso permessi d'importazioni ed esportazioni al Banco. Il Banco lo avrebbe ripagato in moneta. Se nel frattempo il conto fosse stato estinto, Pantaleoni è disposto anche ad indicare il nome dell'impiegato che gestiva il conto. Scrive, ancora, Pantaleoni a Salandra: "Ora, per Preziosi e me la posizione delle cose è questa: Si tratta di un caso di corruzione politica che è tra i maggiori della nostra storia e può rivaleggiare soltanto con quelli delle cooperative rosse e quello della Banca Romana. L'affare della Banca Romana liberò per qualche tempo - poco tempo, purtroppo - l'Italia dal Giolitti. L'affare delle cooperative liberò l'Italia da una gran parte dei balordi che infestano la Camera. (...) L'affare Nitti dovrà liberare l'Italia dai caporioni della Democrazia Sociale. Se i commissari faranno il loro dovere, Preziosi ed io non abbiamo nulla da fare. Se i commissari riterranno non trattarsi di caso che rientri nei loro compiti, Preziosi ed io andremo avanti da soli. Se finora la "Vita Italiana" non ha parlato del Conto Nitti è stato per non compromettere impiegati. Ma adesso o agiscono i commissari o corriamo il rischio che tutto sparisca, anche gli uomini, poichè i più di uomini hanno soltanto la voce!". Scopo della lettera è sondare l'eventuale disponibilità di Salandra a collaborare, contattando senatori che possano esigere l'esibilizione del conto.

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Documento Dichiarazioni mendaci su Salandra

Pantaleoni informa Salandra che a Gallipoli un certo Codacci ha parlato di lui in questi termini: "A Milano Salandra ha dichiarato di riconoscere in Mussolini il suo capo. Io dichiaro qui di sentirmi onorato di riconoscere in Achille Starace il mio capo". La notizia gli è pervenuta da un suo amico, di cui Pantaleoni non fa il nome ma riporta il commento dato all'episodio: "un professore d'Università e un vecchio parlamentare che sia questo! Almeno avesse premesso: si licet magna componere parvis, poichè egli non è Salandra e Starace non è Mussolini".

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Documento Voci sull'orientamento politico fascista di Salandra

L'avvocato Sebastiano Mancino, studente di Salandra, ha dato a Pantaleoni notizie concernenti Codacci, il quale sembra abbia parlato a Gallipoli ed abbia detto che Salandra a Milano avrebbe dichiarato di riconoscere in Mussolini il suo capo. A sua volta il Codacci dichiara di essere onorato di riconoscere in Starace il suo capo. Non gli invia la lettera originale perché la parte principale riguarda "i tabacchi che si coltivano nel leccese e mi deve servire per una inchiesta presso il monopolio, dove appunto il generale Starace si sta creando, sembra un monopolio suo".

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Documento Ancora sulle voci dell'orientamento fascista di Salandra

Pantaleoni allega un foglio del giornale pugliese "Nuovo Salento" del 25 marzo, in cui è riportata la chiusa testuale del discorso di Codacci. Spera che in Parlamento Codacci rinsavisca: "a Milano sapeva vendere vino pugliese, ma lo spirito stava tutto nel vino e non nella sua zucca".

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Documento Sulla necessità di liberare la Banca Commerciale dalle influenze tedesche

Nella lettera Pantaleoni insiste sulla necessità di liberare la Banca Commerciale dal dominio tedesco, questione alla quale fu dedicato un articolo sul giornale "L'Idea Nazionale", pubblicato mercoledì 12 aprile 1916 in terza pagina.

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Documento Rientro in Italia

Invia le condoglianze per la morte del fratello di Messedaglia. Lo informa che rientrerà presto in Italia nonostante le meravigliose proposte del governo della Repubblica. Si dice pronto a rientrare e combattere le proprie battaglie e ad affrontare la "solita combriccola": Pantaleoni ed il gran Maestro De Viti che per partito preso demoliranno anche l'ultimo libro.

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Documento Conferenza "Il Mezzogiorno"

Conferenza intitolata "Il Mezzogiorno" e tenuta l'8 luglio 1959 da Giuseppe di Nardi, in cui l'autore propone una lettura critica del problema meridionale, sollevando non poche polemiche contro gli scopritori della tarda ora della questione meridionale e contro gli opportunisti sfruttatori della situazione del Mezzogiorno. Di Nardi presenta come modelli di ragionamento e di studio tre valenti economisti italiani: Maffeo Pantaleoni, Antonio de Viti de Marco e Rodolfo Benini.

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Documento In memoria del professor Bertolini Angelo. (Parole pronunziate sul feretro, dal Rettore prof. Comm. Nicola Garrone)

"Angelo Bertolini viveva a Bari da oltre trent'anni, e di Bari aveva inteso tutte le aspirazioni, aveva seguito con passione il rapido moto ascensionale, aveva studiato i problemi più vitali e concorso a tutelare interessi vitalissimi, talché egli si sentiva e si dichiarava da se stesso cittadino di elezione". Così inizia il discorso commemorativo del prof. Nicola Garrone, allievo del Bertolini, per sottolineare il forte legame tra il defunto e la città di Bari, dove era giunto nel 1892, chiamato dal professor Maffeo Pantaleoni, all'epoca direttore della Regia Scuola Superiore di Commercio, per occupare la cattedra di Scienza delle finanze. Vengono in sintesi ripercorse le fasi salienti della sua carriera intellettuale, dall'incarico dell'insegnamento di Statistica nella Scuola di Venezia, dove aveva appena conseguito nel 1883 la licenza della Sezione Magistrale di Economia e diritto, all'incarico nello stesso istituto di Economia, alla nomina a professore ordinario di Economia Politica e Scienza delle Finanze presso l'università di Camerino, alla contemporanea docenza libera di Economia Politica presso la Regia Università di Bologna, fino all'approdo a Bari. Si ricorda il concorso vinto nel 1903 per il posto di segretario generale della Camera di Commercio di Bari, il cambio nel 1913 della cattedra di Scienza delle Finanze, fino ad allora da lui tenuta, ma in seguito al cambio di statuto del 1913 accorpata ad Economia Politica ed affidata a Sabino Fiorese, con la cattedra di Politica Commerciale e Legislazione doganale, insegnamento tenuto fino alla morte. Quanto al suo pensiero economico, di matrice liberista, gli si riconosce una diretta filiazione dal "maestro" Francesco Ferrara e gli si attribuisce il merito di essersi mantenuto coerente con le stesse dottrine, "pur nel mutare delle circostanze e degli eventi, e pur nel dilagare di opposte correnti, combattendo tutte le forme di interventismo e sorridendo di tutti i vincolismi antichi e nuovi e nuovissimi". Liberista dalla cattedra e nella Camera di Commercio, qui strinse una forte amicizia con il presidente Antonio De Tullio.

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Documento I vari tipi d'indagine nell'ambito dell'economia finanziaria

Dopo aver precisato che lo studio dell'economia finanziaria in Italia ha come oggetto specifico "l'attività dei sindacati, in dipendenza della concezione e attuazione dello Stato corporativo", accanto alla "attività dei vari organismi semipubblici o parastatali, che si sono venuti moltiplicando, per meglio sopperire a molteplici esigenze", Renzo Fubini precisa come la differenza tra l'economia e la finanza risieda nel suo carattere "contingente", in quanto "corrisponde ad una particolare organizzazione statale, propria non di tutti i tempi, ma solo della nostra civiltà". In Italia "in contrasto con la tradizione inglese, ed anche con la tradizione tedesca che concepisce la finanza prevalentemente come una disciplina politica, si è concepita la finanza come una vera e propria scienza, che ha rapporti con l'economia, ma che ha, di per sé, una individualità sua propria". A questo punto Fubini si chiede se non sia il caso di considerare più opportunamente la finanza "semplicemente un ramo dell'economia applicata", evitando che la pretesa autonomia scientifica della finanza si traduca in teoria astratta e lontana dal contesto reale. Per Fubini finanza e politica economica sono "in sostanza una disciplina sola". Se i materialisti considerano la finanza una "soprastruttura sistematica dell'economia" - e, in questo senso, per Fubini, Marx "è più fisiocratico che ricardiano" - sulla stessa linea di pensiero si collocano gli scrittori detti comunemente edonisti, per i quali il fenomeno finanziario è "un complemento, considerato sub specie aeternitatis del fenomeno economico stricto sensu". Tra questi ultimi scrittori Fubini annovera De Viti de Marco, Einaudi, Graziani. I loro studi, secondo Fubini, "non si possono applicare, se non con molte cautele e riserve, a specifiche realtà concrete". Critico è anche l'atteggiamento di Fubini nei confronti di Vilfredo Pareto, "il quale considera i problemi finanziari frammentariamente in relazione alle proprie indagini sociologiche", a cui contrappone come modello positivo di studioso delle finanze Maffeo Pantaleoni, il quale affronta i problemi finanziari "partendo dai più diversi punti di vista". Pantaleoni, però, come nota lo stesso Fubini, fu "essenzialmente un grande isolato e se infinite sono le suggestioni che emanano dai suoi studi, è difficile porsi realmente sulle sue tracce e lavorare sistematicamente secondo le sue direttive senza soverchie stonature". Il vero esempio da seguire sarebbe dunque quello del "maestro inglese" Marshall, il quale "attribuisce ai fenomeni finanziari in parte origine economica secondo l'indirizzo neoclassico e in parte origine extraeconomica secondo l'indirizzo classico inglese".

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Documento Biglietto di scuse

Pantaleoni si scusa per l'impossibilità d'intervenire alla cerimonia, che gli avrebbe permesso di incontrare antichi colleghi, ma gli impegni politici a Roma, come deputato del Parlamento, non gli permettevano di affrontare in quei giorni un viaggio a Bari. Propone però la pubblicazione del discorso del professor Bertolini sul "Giornale degli Economisti", qualora la Regia Scuola di Bari non avesse intenzione di dedicargli una pubblicazione a parte. Scrive a proposito del Ferrara: "Il Ferrara, come è accaduto a molti italiani dell'epoca sua, sebbene in ragione dell'operosità sua gigantesca abbia potuto lasciare quattro grandi volumi dovuti alla sua penna e altri scritti raccolti dal Bodio, pure, a cagione delle vicende della sua vita, e dei sacrifici che gli impose il problema politico, non può essere conosciuto interamente dalle opere date alle stampe. Non esiste, ad esempio, del Ferrara un trattato di Economia, sebbene per molti anni egli un trattato abbia svolto dalla cattedra. Egli stesso affermava di averne scritto uno, e di lasciarlo, per il giorno di sua morte, a sua moglie in un manoscritto. Nulla si è trovato. Il suo trattato è quindi tutto nei quaderni degli scolari che egli ebbe e di questi uno dei più diligenti e intelligenti è stato il Bertolini. Io stesso non posseggo del Ferrara altro trattato all'infuori di un volume manoscritto del professor Bertolini, da lui regalatomi".

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Documento Fatti e ragionamenti. Breve tragedia economica

Al di là della singolarità del genere di comunicazione scritta prescelto - una parodia tragicomica - Ricci ripropone in una sintesi d'estrema efficacia e larga risonanza popolare gli sviluppi dello spinoso problema del carovita che accompagnò la storia economica italiana nel primo dopoguerra e che avrebbe visto lo stesso Ricci nel 1923 presiedere una Commissione voluta dall'onorevole Teofilo Rossi, per contenerne gli effetti deleteri sulla vita degli italiani. Tra i personaggi si distinguono alcuni dei principali protagonisti, diretti e indiretti, del dibattito sulla questione tra la fine del 1915 e l'autunno del 1917: Maffeo Pantaloni, personaggio indicato come "Economista"; Napoleone Colajanni, indicato come "Adoratore dei fatti"; un Ministero Nazionale; un Bollettino di Statistica, indicato come "personaggio che non parla mai, ma è molto eloquente lo stesso"; S. E. Giuseppe Canepa, commissario dei consumi, indicato come "personaggio che parla (e fa decreti) anche troppo". Attraverso i loro dialoghi emerge chiaramente la collocazione di Umberto Ricci, sostenitore della posizione assunta nel dibattito da Maffeo Pantaleoni, in contrapposizione con le affermazioni, che furono poi seguite dall'azione di Governo, di Napoleone Colajanni. Il primo atto si svolge negli uffici del "Messaggero" e del "Giornale d'Italia" verso la fine del 1915. Vi si riproduce un colloquio tra Pantaleoni e Colajanni suscitato dalla pubblicazione di quest'ultimo di un articolo sul "Messaggero" del 24 dicembre 1915 in cui si affrontava il tema degli interventi statali sui prezzi delle derrate alimentari. Pantaleoni, sostenitore teorico dei danni che sull'economia nazionale erano stati provocati dai prezzi determinati dallo Stato, lanciava a Colajanni una provocazione, non sul terreno della teoria, ma dei fatti. Richiamava, pertanto, tra i tanti episodi storici, in cui la tariffazione dei prezzi ne aveva provocato il rincaro, uno in particolare, già citato in un articolo di Zolla pubblicato sulla "Revue des deux mondes" del primo dicembre 1915, relativo alle misure politiche adottate dalla Convenzione francese nel 1793. La tariffazione delle farine, la requisizione del grano, l'interdizione di negoziare fuori mercato, la caccia agli incettatori e il monopolio del commercio del grano provocarono allora un calo della produzione agricola e una maggiore dipendenza dall'estero per soddisfare il bisogno alimentare interno. Colajanni respingeva le analogie tra la situazione francese del 1793 e quella italiana del 1915-16 sostenute da Pantaleoni e Zolla e liquidava l'implicito timore di un drammatico ripetersi della riduzione della produzione agricola come "fantastica ed infantile". Il secondo atto si svolge in Piazza Montecitorio, ai principi dell'estate del 1916. Si allude alla formazione del nuovo governo, che subito emana, a partire dal 1° luglio, una serie di decreti miranti ad abbassare il prezzo della farina ed a concedere premi per i coltivatori di frumento. Il terzo atto si svolge tra i pini di villa Borghese, dove compare un grosso cartellone con la scritta: "Bollettino di Statistica dell'Istituto Internazionale di Agricoltura, agosto 1917, p.596". Sono riportati i dati relativi alla superficie coltivata a frumento in Italia, con una riduzione del 9 per cento per l'anno 1916/1917 rispetto al precedente e del 10,7 per cento rispetto al quinquennio compreso tra il 1910/11 e il 1914/15. Il quarto atto si svolge negli uffici del Corriere della Sera, il 28 agosto 1917: il commissario dei consumi Canepa annuncia che, a fronte della riduzione della produzione granaria, bisognerà ridurre del 20 per cento i consumi di farina e pane. La dichiarazione provocherà malesseri e tumulti sparsi in Italia. L'ultimo atto vede Pantaleoni impegnato a ripubblicare la sua conversazione con Colajanni e Colajanni a denunciare l'autore della tragedia in un concitato articolo. Il sipario si chiude in data 1° settembre 1917.

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